"No, l'esilio dura ancora due anni" (aka Pensieri in Libertà #13)

È stato bello tornare.

Sono riuscito a chiaccherare un po’ con tutti. Non pensavo che ci sarebbe stata un'accoglienza così… calorosa

Sono riuscito a parlare[0] con Raffo, con Marco… che bello. Certo, l'essermi preso un semestre sabbatico non gioca a mio favore, ma è stato bello ed intellettualmente stimolante tornare a parlare con loro. Finalmente, oserei dire.

Sono riuscito a parlare con Giorgia -che ancora si ricorda che non mi piacciono gli shojo. $bestemmia, mannaggia a me quando lo dissi-. Fumetti, cartoni giapponesi (e come vederli sul televisore al plasma con un cavo HDMI).
Sono anche riuscito a riciclareregalarle un volume che mi era arrivato per sbaglio: era uno shojo, un po’ come l'omonimo che avevo ordinato. Non so se ha apprezzato il regalo, ma tanto chissenefrega. Finalmente sono riuscito a non avere paranoie, ad ignorare il fatto che lei mi piaccia (ancora)… una normalissima chiaccherata tra appassionati di fumetti cinesi [:P], niente di più.
Ah, vorrebbe cominciare a guardare Puella Magi Madoka Magica. Temo che ne rimarrà sconvolta. Forse è meglio così.

La giornata è cominciata con I gatti antropofagi di Murakami, è finita con Sound of My Dreams. uhm. wow.

Dov'era finita Izumi? Il pensiero di non vederla più mi era insopportabile. Se fosse scomparsa così, per non tornare più indietro, cos'avrei fatto io d'ora in poi? Da solo, su quest'isola assurda, come avrei vissuto? Perché lì, al post mio, c'era soltanto quel sembiante di me stesso. Se potevo conservare bene o male una vita provvisoria, era soltanto grazie ad Izumi. Se lei se ne andava, la mia coscienza non avrebbe più avuto un corpo dove tornare.
Ripensai ai gatti affamati. Li immaginai mentre mi divoravano il cervello, mi rosicchiavano il cuore, mi succhiavano il sangue, mi mangiavano il pene. Potevo sentire il rumore delle loro bocche. Tre gatti che accerchiavano il mio cranio, come le streghe in Macbeth, e si cibavano del liquido denso all'interno.
Le loro lingue raspose leccavano le morbide pieghe della mia mente. Ad ogni leccata la mia coscienza palpitava come una fiamma e si offuscava un po’ di più.
Izumi non c'era, da nessuna parte. E la musica ormai era svanita.
Probabilmente avevano smesso di suonare.

[0] “riuscire a parlare” non va inteso nel suo senso “letterale” del termine, non è che sono muto: è più simile ad un entrare in sintonia, ritornare all'intesa di un tempo. E questa è una nota per il *io* futuro che rileggerà questi sprechi di bit.